Rilettura Harry Potter e la Pietra Filosofale – Capitolo 3
Il terzo capitolo de La Pietra Filosofale è uno dei più ingenui: insomma, ce li vedete i Dursley ad affrontare un viaggio in barca durante un tempaccio? C’è la classica avventura per ragazzi, un qualcosa che andrà via via perdendosi col crescere della complessità della saga. Godiamoci questo tono spensierato allora!
Lettere da nessuno
Dopo l’episodio allo zoo, Harry riceve la punizione più lunga mai ricevuta: è solo a inizio estate che può uscire dal ripostiglio. Tuttavia, Dudley e il suo gruppetto di amici si divertono a tormentarlo, pertanto il ragazzo è costretto a stare il più possibile lontano da casa, in giro per il quartiere.
A settembre sarebbe andato alle medie e, per la prima volta in vita sua, non sarebbe stato con Dudley. Dudley aveva un posto riservato a Smeltings, la scuola dove aveva studiato zio Vernon.
I vecchi lettori ricorderanno un altro nome per la scuola: Snobkin. Chissà, forse volevano dare un tono elitario alla scuola; nella nuova traduzione torna il termine originario.
«Lo sai che a Stonewall il primo giorno di scuola ti ficcano la testa nella tazza del gabinetto?» disse a Harry. «Vuoi venire di sopra a fare esercizio?»
«No, grazie» rispose Harry. «La povera tazza del gabinetto non si è mai vista cacciare dentro niente di così orribile come la tua testa; potrebbe sentirsi male». Poi scappò via prima che Dudley potesse capire quello che aveva detto.
Quella sera Dudley sfilò in salotto per la famiglia, nella sua uniforme nuova di zecca. I ragazzi di Smeltings indossavano una marsina bordeaux, pantaloni arancioni alla zuava e un cappello piatto detto paglietta. Erano inoltre dotati di un bastone bitorzoluto usato per picchiarsi a vicenda quando gli insegnanti non guardavano. Si riteneva che questo fosse un buon addestramento per la vita futura.
Anche qui la Rowling inserisce una critica sottile ai metodi educativi dei Dursley: mandano il figlio in una scuola che regala dei… bastoni ai propri allievi.
Arriviamo alla parte clou: la lettera da Hogwarts. La scuola di magia manda tramite gufo la lettera contenente le informazioni relative all’anno scolastico: libri, orari, date e così via.
Sullo zerbino c’erano tre cose: una cartolina della sorella di zio Vernon, Marge, che era in vacanza nell’isola di Wight, una busta marrone che sembrava una bolletta e… una lettera per Harry.
Harry la raccolse e la fissò con il cuore che sussultava. Nessuno in vita sua gli aveva mai scritto. E chi avrebbe dovuto farlo? Non aveva amici, non aveva altri parenti; non era neanche socio della biblioteca e quindi non aveva mai ricevuto perentori avvisi di restituzione. Eppure, eccola lì, una lettera dall’indirizzo così inequivocabile da non poter essere frainteso:
Signor H. Potter
Ripostiglio del sottoscala
Privet Drive, 4
Little Whinging
Surrey
Harry addirittura ha il batticuore all’idea che qualcuno gli possa scrivere: chi mai può tenerlo in considerazione? I suoi genitori sono morti e non ha amici. Immaginiamo la sorpresa di questo povero ragazzo in quel momento! Oltretutto, fa molto sorridere la precisione magica nell’individuare addirittura il luogo in cui il destinatario della lettera dorme! Un dettaglio che tornerà utile più avanti.
Quando Vernon e Petunia si rendono conto di che tipo di lettera si tratta, la strappano dalle mani di Harry e si mettono a confabulare.
«Vernon» stava dicendo zia Petunia con voce tremante, «guarda l’indirizzo… Ma come fanno a sapere dove dorme? Pensi che stiano sorvegliando la casa?»
«Sorvegliando… spiando… forse ci pedinano» borbottò zio Vernon fuori di sé.
«Ma cosa dobbiamo fare? Rispondere? Dire che non vogliamo…»
Harry vedeva le scarpe nere tirate a lucido di zio Vernon misurare a grandi passi la cucina.
«No» disse infine. «No, ignoreremo la faccenda. Se non ricevono risposta… Sì, è la cosa migliore… non faremo niente…»
«Ma…»
«Non intendo averne uno per casa, Petunia! Non avevamo giurato, quando lo abbiamo preso, che avremmo messo fine a quella pericolosa insensatezza?»
L’ingenuità e l’ignoranza dei Dursley sono a livelli altissimi! La negazione della realtà magica fa pensare loro che i maghi li “stiano sorvegliando”! Inoltre… pensano davvero che non rispondendo lasceranno perdere? Notare che il termine “pericolosa insensatezza” dice tutto e niente: a questo punto del libro, né il lettore né Harry sono a conoscenza della magia, quindi queste conversazioni criptiche aumentano il senso di mistero tipico della saga.
Quella sera, tornato dal lavoro, zio Vernon fece una cosa che non aveva mai fatto prima: andò a trovare Harry nel suo ripostiglio.
«Dov’è la mia lettera?» chiese il ragazzo non appena zio Vernon fu riuscito a passare dalla porticina. «Chi mi scrive?»
«Nessuno. Era indirizzata a te per sbaglio» tagliò corto zio Vernon. «L’ho bruciata».
«Non è stato uno sbaglio» disse Harry arrabbiato. «C’era segnato l’indirizzo del mio ripostiglio».
«SILENZIO!» urlò zio Vernon, e due ragni caddero dal soffitto. Fece un paio di respiri profondi e poi si costrinse a un sorriso che parve costargli molto sforzo.
«Ehm… già, Harry… a proposito del ripostiglio. Con tua zia stavamo pensando… sei davvero cresciuto troppo per stare qui dentro… pensavamo che sarebbe carino se ti trasferissi nella seconda camera da letto di Dudley».
«E perché?» chiese Harry.
«Non fare domande» lo rimbeccò lo zio. «E ora, porta tutta questa roba di sopra».
Questo dialogo è bellissimo: nel tentativo di depistare i maghi, Vernon invita Harry a trasferirsi al piano di sopra, alternando sorrisi a frasi rabbiose.
L’indomani mattina, a colazione, tutti erano piuttosto taciturni. Dudley era stravolto. Aveva gridato, picchiato suo padre con il bastone, vomitato di proposito, preso a calci sua madre e fatto volare la tartaruga sopra il tetto della serra, e ancora non aveva riottenuto la sua camera.
Curiosamente, quando vogliono i Dursley riescono ad imporre una regola senza lasciarsi dissuadere dai capricci del figlio: peccato che questo capiti molto di rado. Ma spedire di sopra Harry non cambia nulla: la lettera arriva anche il giorno dopo, e i maghi sanno che Harry si è trasferito nella cameretta al primo piano. La situazione inizia a degenerare: Vernon si corica davanti la porta di casa per impedire al ragazzo di prendere la lettera il mattino dopo; non contento, sigilla la cassetta della posta.
«Capisci» spiegò a zia Petunia con una manciata di chiodi in bocca, «se non riescono a consegnarla, ci rinunceranno e basta».
«Non sono sicura che funzionerà, Vernon».
«Oh, la mente di questa gente funziona in modo strano, Petunia; non sono mica come te e me» disse lui cercando di battere un chiodo con il pezzo di dolce alla frutta che zia Petunia gli aveva appena portato.
Le lettere continuano a spuntare senza che Harry riesca ad afferrarne una: arrivata la domenica, Vernon è convinto di averla scansata. Anche in questo caso si sbagliava…
Domenica mattina zio Vernon si sedette per fare colazione con un’aria stanca e sofferente, ma felice.
«Niente posta, la domenica» ricordò agli altri tutto contento, spalmando il giornale di marmellata d’arancia. «Oggi niente maledettissime lettere…»
Mentre pronunciava queste parole, qualcosa piovve con un fruscio giù per la cappa del camino e lo colpì sulla nuca. Un attimo dopo, trenta o quaranta lettere piombarono giù come una gragnuola di proiettili. I Dursley le schivarono, ma Harry fece un balzo per cercare di prenderne una…
«Fuori! FUORI!»
Lo zio perde il senno e decide di fuggire via insieme alla famiglia: la Rowling è brava a descrivere una scena concitata facendo ridere il lettore per i suoi aspetti grotteschi.
«Questo è troppo» disse zio Vernon cercando di parlare con calma e al tempo stesso strappandosi a ciuffi i folti baffi. «Vi voglio qui tra cinque minuti, pronti a partire. Ce ne andiamo. Prendete solo qualche vestito. Niente discussioni».
Aveva un’aria così minacciosa, con i baffi che gli mancavano per metà, che nessuno osò contraddirlo.
Inizia così una sorta di viaggio sconclusionato con Vernon arrabbiatissimo, Petunia ammutolita e Dudley piagnucolante. Lo zio decide di passare la notte in un hotel a Cokeworth, una cittadina fittizia dell’Inghilterra. Questo nome passa inosservato nella saga, eppure è lì che Petunia e Lily Evans e Severus Piton sono cresciuti! Inoltre è proprio Cokeworth la città che vediamo di sfuggita ne Il principe mezzosangue, quando Bellatrix e Narcissa fanno visita a Piton nella vecchia casa dei genitori. La Rowling ha fatto queste precisazioni su Pottermore, adesso l’articolo è consultabile qui. Il nome può essere un riferimento a Coketown, una città immaginaria del romanzo Tempi difficili di Dickens.
Il giorno dopo il folle viaggio continua, e questa volta lo zio li porta in una catapecchia su uno scoglio, uno scenario difficile da immaginare per i Dursley!
«Le previsioni per stasera annunciano tempesta!» disse zio Vernon in tono gaio, battendo le mani. «Questo signore ha gentilmente acconsentito a prestarci la sua barca!»
Un vecchio sdentato venne verso di loro a passo lento, additando, con un ghigno alquanto malvagio, una vecchia barca a remi che ballonzolava sulle acque plumbee proprio sotto di loro.
«Ho già comprato un po’ di provviste» disse zio Vernon, «perciò tutti a bordo!»
Sulla barca faceva un freddo cane. Sprazzi d’acqua gelida e gocce di pioggia scendevano giù per il collo e un vento glaciale frustava loro la faccia. Dopo quelle che sembrarono ore raggiunsero lo scoglio dove zio Vernon, fra uno scivolone e l’altro, li guidò alla casetta diroccata.
Si avverte palesemente in questa scena un che di fiabesco: il vecchio sdentato che ha una barca da prestare, la casetta diroccata, la tempesta… inoltre mi chiedo: ma Vernon è davvero così forte ed esperto da manovrare una barca a remi nel mezzo di un mare agitato? Un tempo mi sarei innervosito, adesso non mi importa più: fa parte dell’atmosfera dei primi libri. Insomma, questa catapecchia è terribile, entra un sacco di freddo, e Harry non può fare altro che stendersi a terra, consapevole che entro pochi minuti sarebbe stato il suo undicesimo compleanno.
Ancora un minuto e avrebbe compiuto undici anni. Trenta secondi… venti… dieci… nove… forse avrebbe svegliato Dudley soltanto per dargli fastidio… tre… due… uno.
BUM!
Tutta la catapecchia fu scossa da un tremito e Harry saltò su a sedere di scatto fissando la porta. Fuori c’era qualcuno che bussava chiedendo di entrare.
E con questo finale ad impatto si conclude il terzo capitolo! Finalmente in quello successivo faremo il primo vero passo nel mondo magico… alla prossima!
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